Visione sulla Povertà

Motivo primo della nascita e dell’esistenza dell’Economia di Comunione è la povertà: l’EdC nasce infatti come tentativo di risposta agli stridenti contrasti economici e alle disuguaglianze che caratterizzano la società contemporanea, con l’obiettivo di renderla più equa e fraterna.

L’EdC non intende eliminare la povertà tout court, ma piuttosto contrastare la “miseria”, parola che descrive la forma di povertà “subita” ancora da milioni di persone nel mondo, attraverso la valorizzazione di un’altra forma di povertà, quella “scelta” da imprenditori, consumatori, cittadini… che decidono di rinunciare a qualcosa di proprio, usare i beni sobriamente, sceglierli responsabilmente, nell’idea che “i beni […] diventano […] strade di felicità solo se condivisi con gli altri” (Bruni 2004)

In questa prospettiva la miseria, derivante dalla mancanza di beni materiali, e la possibilità di una sua risoluzione sono strettamente connesse alla promozione di una serie di altre condizioni (l’istruzione, la salute, il lavoro, una casa…) che permettono ad un essere umano di “fiorire”.

Tra queste condizioni spicca in modo particolare la qualità delle relazioni che si vivono: le relazioni nella visione dell’EdC sono infatti intese come un capitale fondamentale per lo sviluppo umano.

Questa idea implica anche un modo originale di intendere le strategie di contrasto della miseria, attuate nei progetti che l’EdC sostiene e promuove: esse sono disegnate in modo da evitare l’instaurarsi di forme di aiuto asimmetriche, -come spesso nella storia è avvenuto- nelle quali c’è qualcuno, che ha, che dà a qualcuno che non ha, rimarcando uno stato di inferiorità e alimentando spesso dinamiche di dipendenza.

Le strategie di contrasto alla povertà attuate dall’EdC cercano piuttosto di valorizzare dinamiche di reciprocità, dove ognuno può offrire la ricchezza di cui è portatore, ponendo tutti su uno stesso piano di pari dignità: fratelli, membri di una stessa famiglia.

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I molteplici volti della vulnerabilità

La coordinatrice della Rete di ricerca sull'economia di comunione brasiliana, Andreza Lucas, spiega i molteplici volti della vulnerabilità.

di Andreza Lucas.

fonte: edc Brasil

Siamo tutti ricchi e siamo tutti poveri, questa affermazione a prima vista può risultare strana per alcuni. Ma quante volte ci imbattiamo in ambienti con abbondanza di beni e assenza di sorrisi? Quante volte incontriamo persone con tante difficoltà materiali, ma con una scintilla negli occhi che trasforma la nostra giornata? Quante volte vediamo battute d'arresto relazionali insieme a qualche progresso materiale? Con queste tre semplici domande, possiamo renderci conto che, sebbene la povertà materiale esista e sia una questione centrale nel dibattito sulla povertà, non è l'unica. Spesso l'attenzione alla sola ricchezza materiale ci fa dimenticare e persino perdere tante altre ricchezze. Inoltre, a volte un progetto che mira a far uscire le persone dalla povertà monetaria, per quanto ben intenzionato e strutturato, fallisce proprio perché ha preso in considerazione solo la povertà come mancanza di reddito.

Secondo l'economista Luca Crivelli, la comunione è probabilmente il tema mancante nel discorso contemporaneo su povertà, ricchezza e benessere. La comunione si basa sulla libertà, sul riconoscimento della pari dignità di tutte le persone e sulla fraternità. Fraternità in senso universale, che non si chiude nei propri confini, ma considera che siamo tutti membri di un'unica comunità globale.

La povertà non è solo una condizione individuale, ma anche e soprattutto il risultato di un insieme di relazioni malsane, che possono essere curate profondamente solo attraverso la reciprocità. È un fenomeno multidimensionale, causato dall'assenza o dall'insufficienza di beni capitali quali: capitale umano, capitale psicofisico, capitale relazionale, capitale sociale, capitale spirituale, tra gli altri. Secondo l'economista Amartya Sen, la povertà genera un intollerabile spreco di talenti, significa non avere la possibilità di sviluppare il proprio potenziale.

Una visione superficiale di ciò che è la povertà porta a conclusioni errate cariche di giudizi, come: mancanza di talento, incompetenza, irresponsabilità o mancanza di carattere e cultura. L'economista Luigino Bruni sottolinea che sia nel mondo antico che in quello moderno si stanno costruendo nuove e più sofisticate ideologie per mettere a tacere le persone che vivono in situazioni di vulnerabilità, per evitare di vederle, per convincere noi e loro che sono solo persone colpevoli che meritano la loro triste sorte.

Il professor Majid Rahnema ha compiuto uno studio approfondito sulla semantica della povertà, riconoscendone i diversi archetipi, di cui qui ne evidenziamo quattro. Il primo di questi, la povertà conviviale, è uno stile di vita che può proteggere le persone in povertà dal rischio di sprofondare nell'indigenza. Quando c'è una solida vita comunitaria, anche in tempi di grande penuria, le persone che si trovano con poche risorse mettono a disposizione ciò che hanno a favore di chi ne ha ancora meno, in modo che tutti raggiungano il minimo necessario per garantire la propria esistenza.

Un secondo archetipo di povertà, la povertà volontaria, si riferisce soprattutto alla condizione in cui vivono uomini e donne al di fuori dell'ordinario che scelgono volontariamente la povertà come mezzo di liberazione da quei beni che creano dipendenza, per essere liberi di servire l'umanità. Esempi emblematici sono Suor Dulce di Bahia, Francesco d'Assisi e Madre Teresa di Calcutta. Tuttavia, questo archetipo di povertà può essere visto anche nelle molte persone che fanno scelte di consumo sobrie nella loro vita quotidiana, che si ispirano alle piante che prendono dalla terra solo ciò che è necessario per il loro sviluppo.

Il terzo archetipo è la "povertà modernizzata", una forma degenerata di povertà emersa dopo la rivoluzione industriale nel contesto dell'economia di mercato. In questa tipologia di povertà completamente nuova, le "mancanze" percepite dagli individui sono sistematicamente prodotte da un'economia la cui prosperità dipende da un aumento costante del numero di consumatori, che non di rado dà origine a consumatori compulsivi. I telegiornali brasiliani riportano spesso i tassi di indebitamento. Ci sono molte persone che sono cadute in questa trappola per acquistare beni di prima necessità, ma ce ne sono sicuramente molte altre che sono state spinte a consumare più del necessario. Questo può essere legato all'assenza di altri tipi di capitale, come il capitale relazionale (se il bene è visto come un modo di appartenere a un gruppo), il capitale umano (se si tratta di una mancanza di educazione finanziaria), ecc.

Completamente diversa è la quarta (e decisamente più grave) forma di povertà, chiamata indigenza. Gli uomini e le donne sono dotati di un'energia vitale su cui possono contare nei momenti di difficoltà (gli psicologi la chiamano resilienza). Solo quando ci troviamo nel mezzo delle crisi più profonde scopriamo dentro di noi risorse sconosciute che ci rendono capaci di superare sofferenze che, prima di viverle, sembravano insopportabili. La perdita di questa capacità (insieme alla perdita della rete di sicurezza fornita dalla povertà conviviale) può portare le persone vulnerabili a cadere nell'indigenza e nella miseria.

Si può notare che questi archetipi di povertà sono fortemente legati tra loro. Mentre nei contesti di povertà conviviale la forza della comunità si rivela una grande risorsa che protegge tutti dalla caduta nella miseria, spesso tra le persone della cosiddetta classe media una grande sfida è la ricerca di una rete di sostegno che permetta ai bambini di avere uno sviluppo sano e agli anziani di avere conforto nei momenti di maggiore difficoltà. Il consumo sobrio, qui definito povertà volontaria, è un potente antidoto per sfuggire alla povertà modernizzata.

Questa breve riflessione sottolinea che il processo di superamento delle vulnerabilità implica innanzitutto un processo di scoperta della ricchezza e del potenziale individuale e comunitario. Sono proprio riflessioni di questo tipo a ispirare iniziative come la campagna di crowdfunding Comunhão e Ação. Coordinata dall'Economia di Comunione del Brasile, la campagna di quest'anno si intitola "Perché siamo comunità, seminiamo una nuova storia". L'obiettivo è sviluppare una serie di progetti basati sulla reciprocità, in cui ogni partecipante ha un ruolo attivo, e sulla fioritura umana, in modo che ogni persona legata al progetto possa scoprire le proprie ricchezze individuali e comunitarie, spesso nascoste dalle difficoltà incontrate nel corso della vita.

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