Mind the economy

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Le basi simboliche di una società policentrica

I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore

di Vittorio Pelligra

pubblicato su Il Sole 24 ore del 10/07/2022

Un dilemma sociale è una situazione nella quale interesse collettivo e interesse privato divergono. È una situazione nella quale, se tutti gli individui mettessero al primo posto l’interesse privato questo, alla fine, porterebbe risultati peggiori sia dal punto di vista collettivo che anche da quello privato.

In Sardegna la pesca dei ricci di mare è stata vietata fino al 2024. Ogni pescatore ha interesse a che i ricci abbondino. Ma ha ancora più interesse, quando sono abbondanti, a pescarne il più possibile. Ma quando tutti ragionano e si comportano in questo modo quella stessa risorsa comune viene messa in pericolo con un danno per tutti. Questa tensione tra libertà individuale e benessere collettivo rappresenta l’essenza di ogni dilemma sociale, la sfida più grande per ogni comunità, indipendentemente dalla scala alla quale si svolge, che sia tratti del dividersi il lavoro in famiglia o tra colleghi o che riguardi gli accordi globali per la riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera. La logica è la stessa.

Cooperare per il bene pubblico

Il public good game, come abbiamo visto nelle scorse settimane, è il paradigma sperimentale che viene utilizzato dagli scienziati comportamentali per studiare la logica sottesa a situazioni di questo tipo. In un public good game, infatti, tutti traggono vantaggio dalla piena collaborazione ma, proprio quando tutti collaborano, chi decidesse di non fare la sua parte e di comportarsi opportunisticamente da free-rider, starebbe ancora meglio. Come è facile intuire, se tutti, però, decidessero di fare i free-rider, alla fine tutti starebbero molto peggio. Ed è proprio quello che tipicamente si osserva in laboratorio. Le persone iniziano cooperando, facendo la loro parte nella produzione del bene pubblico, ma poi, una volta osservate le prime scelte opportunistiche, queste diventano contagiose determinando un lento ma inesorabile decadimento nei livelli di cooperazione, fino alla sua completa scomparsa.

Gli strumenti

Per facilitare la cooperazione, dunque, esistono due strumenti: una governance centralizzata, come nel caso del divieto di pesca dei ricci, dove le violazioni delle norme vengono punite attraverso sanzioni imposte da un'autorità centrale che deve monitorare ed intervenire, oppure una governance decentralizzata, che viene definita anche community governance, dove controllo il controllo viene esercitato da tutti i membri della comunità e le sanzioni possono essere erogate non da una singola autorità centrale, ma, anche in questo caso, dai membri stessi del gruppo. Abbiamo visto nelle scorse settimane quanto negli esperimenti di laboratorio si dimostri efficace l'introduzione della possibilità della punizione tra pari: la cooperazione cresce immediatamente verso livelli ottimali e alla fine non è neanche più necessario punire, visto che è sufficiente il potere deterrente della punizione a indurre tutti alla cooperazione. Naturalmente, in concreto, può essere complicato attribuire ai singoli cittadini il potere di comminare una sanzione pecuniaria agli altri cittadini trasgressori. Ma questo è vero solo per le sanzioni di natura monetaria. Occorre tenere presente, però, che questa è solo una delle possibili forme in cui una sanzione o una punizione possono manifestarsi.

Gossip e reputazione

Sono molti gli studi che mostrano come, nell'ambito di piccole comunità, invece che attraverso l'uso di sanzioni materiali, la cooperazione viene promossa attraverso il gossip e l'effetto negativo o positivo che le informazioni veicolate attraverso relazioni di prossimità sulla reputazione individuale. È anche attraverso questi strumenti che gruppi più piccoli riescono a superare molti dei dilemmi sociali che sono chiamati ad affrontare: pettegolezzi e reputazione, piuttosto che sanzioni costose.

E i gruppi più grandi? Abbiamo visto la settimana scorsa il caso della città di Bogotà e l'esperimento sociale avviato dal sindaco Antanas Mockus con la distribuzione alla popolazione di 350.000 cartellini bianchi con il pollice in su e altrettanti di colore rosso con impresso un pollice in giù. I cartellini potevano essere utilizzati da ogni cittadino per approvare o disapprovare pubblicamente il comportamento di ogni altro concittadino in ambito pubblico, per le strade, negli uffici, nelle scuole, eccetera. Era questo un meccanismo di ricompensa e di sanzione decentralizzato, una forma di community governance basata su ricompense e su sanzioni di natura simbolica.

L’efficacia delle sanzioni

Ma qual è l'efficacia di queste sanzioni nel promuovere elevati livelli di cooperazione nell'ambito dei dilemmi sociali? A giudicare da quanto ordinatamente gli inglesi fanno la fila e dalla pulizia delle strade dei paesini di montagna svizzeri, sembra proprio che in molti casi anche le sanzioni simboliche possano essere piuttosto efficaci. I primi ad indagare sperimentalmente questo punto sono stati David Masclet e i suoi colleghi francesi. Nel loro studio vengono confrontati un public good game senza punizione e con punizione con una terza versione dove, dopo aver osservato il comportamento degli altri, ogni giocatore può assegnare da zero a dieci punti a ciascun altro giocatore. Questi punti non comportano nessun costo né per chi li riceve, né per chi li assegna. Rappresentano semplicemente un segno di disapprovazione rispetto al comportamento degli altri. Una forma di sanzione immateriale e totalmente simbolica. I risultati di Masclet e colleghi mostrano che, così come le sanzioni monetarie, anche quelle simboliche producono un aumento del livello di cooperazione anche se le sanzioni materiali risultano essere, nel lungo periodo, più efficaci (Masclet, D., Noussair, C., Tucker, S., Villeval, M.-C. (2003). “Monetary and Nonmonetary Punishment in the Voluntary Contributions Mechanism”. American Economic Review 93, pp. 366–380).

Le ragioni che stanno alla base dell'efficacia delle sanzioni non-monetarie non sono del tutto note, ma alcuni studi portano supporto alla tesi secondi cui semplicemente non ci piace essere criticati (López Pérez, R., Vorsatz, M., (2010). “On Approval and Disapproval: Theory and Experiments”. Journal of Economic Psychology 31, pp. 527–41).

L’effetto delle raccomandazioni

L'economista indiano Ananish Chaudhuri assieme al suo collega indonesiano Tirnud Paichayontvijit hanno condotto qualche anno fa un interessante esperimento per studiare l'effetto delle raccomandazioni sempre nell'ambito di un public good game. All'inizio di ogni round ogni partecipante riceve una certa dotazione monetaria che può trattenere o versare tutta o in parte in un fondo comune. I contributi investiti nel fondo comune vengono poi raddoppiati e ridistribuiti equamente tra i membri del gruppo. L'ottimo sociale si ottiene quando tutti contribuiscono con l'intera dotazione al fondo comune ma, proprio in questo caso, l'interesse individuale, invece, suggerirebbe di cercare di godere dei benefici comuni senza sopportarne i costi e quindi di trattenere per sé l'intera dotazione. Se tutti decidessero di fare questo stesso ragionamento il bene pubblico non verrebbe prodotto a danno di tutti.

Nel primo trattamento implementato da Chaudhuri e Paichayontvijit i giocatori giocano il gioco standard. Nel secondo trattamento, invece, viene introdotta la possibilità di punire gli altri giocatori in maniera costosa, nel terzo trattamento, infine, dopo una serie di dieci round, ogni giocatore riceve un messaggio di esortazione alla cooperazione che viene anche letto ad alta voce dallo sperimentatore. Quello che emerge dai loro dati è che, rispetto alle punizioni monetarie, le raccomandazioni hanno un effetto immediato nell'innalzare i livelli di cooperazione. Tuttavia, anche in questo caso, l'effetto diminuisce nel tempo (Chaudhuri, A., Paichayontvijit, T., 2017. “On the long-run efficacy of punishments and recommendations in a laboratory public goods game”. Scientific Reports 7, 12286).

Sanzioni simboliche e materiali

Questo vuol dire che le sanzioni simboliche o le esortazioni non potranno mai sostituire le sanzioni materiali? In realtà questo dipende da una serie di fattori: innanzitutto dal rapporto costi-benefici di queste ultime, quanto costa cioè punire rispetto all'effetto positivo che viene esercitato sulla cooperazione; in secondo luogo, dalla lunghezza dell'orizzonte temporale. Le sanzioni simboliche funzionano meglio nel breve periodo mentre quelle materiali nel lungo periodo.

È chiaro che ci sarà sempre un orizzonte temporale per il quale le punizioni supereranno gli altri meccanismi in termini di efficienza. Ma le proprietà di miglioramento dell'efficienza delle punizioni formali richiedono tempo per affermarsi, mentre gli appelli alla buona volontà hanno un impatto molto più immediato. Anche in questo caso Mockus, il sindaco di Bogotá, ci aveva visto giusto. Per indurre i suoi cittadini al risparmio idrico era apparso in uno spot sotto la doccia dove, ancora insaponato, chiudeva il rubinetto. Questa sola esortazione simbolica al risparmio fu efficacissima e portò ad una riduzione del consumo del 14 per cento in pochi mesi. Solo dopo vennero introdotti gli incentivi monetari per chi decideva di modernizzare l'impianti idrico. Incentivi che portarono ad una ulteriore riduzione del 40%.

Il messaggio di questi studi, dunque, è che gli aspetti simbolici – sanzioni, ricompense, approvazione, disapprovazione – non sono sostituti degli aspetti materiali, ma possono agire come complementi ed in maniera congiunta per rafforzarne l'effetto. In questo modo si possono implementare, anche su larga scala, politiche di community governance caratterizzate da costi inferiori e da maggiore efficacia rispetto alle tradizionali misure di governance centralizzata.
Una visione policentrica e multilivello dell'esercizio del governo che sfida, su solide basi, le spinte neo-centraliste oggi dominanti.

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