Le virtù del mercato, MSA

Le virtù del mercato - Nel mondo del lavoro e nella vita civile non c’è bisogno solo di un linguaggio non-violento (che è già qualcosa), occorre un linguaggio mite.

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di S.Antonio il 05/03/2018

Economia mitezza MSA rid 300C’è una virtù molto scarsa nel mondo dell’impresa del nostro tempo,che, anche per la sua scarsità, sarebbe invece molto preziosa. Questa virtù è la mitezza, la mansuetudine. La mitezza è l’anti-violenza, ma è anche l’anti-ira, un vizio oggi parecchio popolare, che incattivisce le nostre riunioni di lavoro o di condominio, il traffico, le campagne elettorali, e che il tempo dei social ha amplificato.

Se le madri e le donne potessero dire la loro nei tavoli dei negoziati maschili, direbbero che la sola guerra giusta è quella che non abbiamo fatto, perché tutta la geopolitica del mondo non vale la vita di un bambino. 

di Luigino Bruni

pubblicato su Il messaggero di Sant'Antonio il 21/04/2022

La storia la dovrebbero scrivere le madri, diceva Tanino, un mio amico scrittore. La dovrebbero scrivere le madri e la dovrebbero generare le donne, se fossero più presenti nei tavoli delle grandi decisioni politiche ed economiche, se fossero protagoniste nei trattati internazionali, nei negoziati per porre fine alle guerre o, meglio ancora, per non farle iniziare. Abbiamo tradito quelle poche Madri costituenti che dopo l’approvazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione, con ancora la guerra, i morti, i lager negli occhi e nel cuore, scesero nel centro dell’emiciclo dell’aula, si presero per mano e ripeterono il loro «mai più la guerra», suggellando con quell’abbraccio di mani miti le parole tra le più belle della nostra Carta: «L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Lo abbiamo tradito come umanità, lo abbiamo tradito come Europa e Italia inviando armi in Ucraina, per di più continuando a inviare denaro alla Russia in cambio di gas e petrolio, vivendo così alla lettera la parodia della parola del Vangelo: «Non sappia la mano destra ciò che fa la sinistra».

Oggi la terra è piena di samaritani e donne siro-fenicie che ci attendono ai crocicchi della strade per spiegarci il Vangelo che loro non conoscono ancora: quando ci chineremo per ascoltarli?

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio l'8/11/2022

La parabola del «Buon Samaritano» è tra le più belle dei vangeli (Lc 10). Papa Francesco ha scelto questa parabola come pietra angolare biblica della sua enciclica sulla fraternità, Fratelli tutti. Il primo messaggio del buon Samaritano è la differenza tra il «vicino» e il «prossimo».Il Samaritano che passava lungo la strada non era il più vicino della vittima che si era imbattuta nei briganti; anzi, era il più lontano da ogni punto di vista (per religione, etnia, geografia). I vicini erano invece il sacerdote e il levita, che, al contrario, non si fermano. Dunque, il Samaritano si fece prossimo di quella persona sebbene non fosse suo vicino.

Se un imprenditore non è re, non avrà la capacità di guidare la sua azienda. Se non è profeta o sacerdote, non saprà discernere né mediare. 

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio il 12/03/2020

All’inizio delle grandi storie spirituali, come quelle di movimenti spirituali o di comunità carismatiche, nei fondatori coesistono le vocazione di re, profeta e sacerdote. I fondatori governano, combattono, conquistano, guidano (re), parlano al loro popolo in nome di Dio (profeta), e dicono a Dio le parole e i gesti degli uomini (sacerdote). Questa natura una e trina è tipica dei momenti aurorali delle comunità ed è dono straordinario per persone che hanno compiti speciali.

Il management sta diventando la nuova ideologia del nostro mondo globale, in particolare quel management insegnato nelle business school e veicolato dalle grandi imprese globali di consulenza.

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di S. Antonio il 06/04/2023

Il management sta diventando la nuova ideologia del nostro mondo globale, in particolare quel management insegnato nelle business school e veicolato dalle grandi imprese globali di consulenza. Nel Novecento la critica sociale si era indirizzata verso la teoria economica liberale, individuando negli economisti teorici il grande nemico da combattere per costruire una società finalmente giusta ed egualitaria.

Le virtù del mercato - Ci siamo mai chiesti da che punto di vista guardiamo il mondo? Da quello dei ricchi? Oppure da quello dei poveri? Perché, in termini di speranza, ma non solo, fa una bella differenza.

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di sant'Antonio il 10/06/2018

Povertà MSA giugno fotolia ridUna virtù particolarmente scarsa nel nostro tempo si chiama speranza. La speranza non è solo una virtù (è anche un dono, come sottolinea il suo essere stata chiamata dai cristiani virtù teologale), ma è ancheuna virtù, perché richiede esercizio, soprattutto per non perderla nei momenti difficili, individuali e collettivi (come è quello che stiamo vivendo ora). E chi ha dubbi che la speranza sia una preziosissima virtù economica, lo chieda agli imprenditori, soprattutto a quelli che hanno superato crisi lunghe e profonde, nelle quali il primo cibo è stata la virtù della speranza, morta e risorta molte volte (si esce vivi dalle crisi quando le resurrezioni sono una in più delle morti).

Oggi è più che mai urgente re-inventare la vita adulta, schiacciata da una gioventù e una vecchiaia artificialmente sempre più lunghe. Finché non si lavora davvero non si è pienamente adulti, perché non inizia effettivamente l’età della responsabilità.

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio il 02/02/2023

Il nostro tempo sta conoscendo un nuovo protagonismo dei giovani, che stanno facendo in molti Paesi cose straordinarie. Sono giovani e adolescenti insieme, e la presenza dei teenagers è una grande novità rispetto all’analogo Sessantotto. Dai «Fridays for future» alle giovani iraniane e afgane, a «Economy of Francesco», fino ai giovani di «Ultima generazione», che imbrattano con vernice lavabile quadri e palazzi per ricordare che i potenti hanno imbrattato, con vernice indelebile, il pianeta e il loro futuro. Giovani meravigliosi, che ci stanno salvando, eppure non vogliamo prenderli abbastanza sul serio. Perché la nostra cultura capitalistica ama la giovinezza, ma ama poco i giovani.Così, mentre apprezza sempre più i valori associati alla giovinezza – bellezza, salute, energia… – capisce sempre meno e disprezza i valori, che pur sono fondamentali, della vecchiaia, che cerca in tutti i modi di allontanare dal suo orizzonte, che così si abbuia e si intristisce. Perché una civiltà che non valorizza gli anziani e non sa invecchiare è stolta come lo è quella che non capisce e valorizza i veri giovani: la nostra generazione è la prima che sta sommando tra di loro queste due stoltezze.

Le comunità devono fare i conti con un paradosso che nasce quando si mettono insieme liberta personale e adesione al "gruppo". Come uscirne? Inventando nuove forme di libertà...

di Luigino Bruni

Pubblicato su Il Messaggero di S.Antonio il 09/10/2018

Per le misure contro la povertà si dovrebbero ascoltare i poveri veri, oppure i loro rappresentanti «per vocazione», che si affianchino ai tecnici e ai politici che la povertà la conoscono quasi sempre per sentito dire.

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio il 04/01/2019

Sono stato recentemente ad Assisi, e sono passato a San Damiano, dove si ricorda che «qui il Signore parlò a Francesco». Le vocazioni hanno sempre un luogo e un tempo esatti, sono infinitamente concrete, e orientate a un compito: «Qui, il 20 maggio 1986, incontrai tua madre»; «qui, il 26 agosto del 1990, sentii la chiamata»… All’inizio Francesco pensò che «la chiesa» da riedificare fosse la chiesetta diroccata di San Damiano; solo col tempo si capì che la chiesa da riedificare era in realtà la Chiesa di Cristo. Un fenomeno che si ritrova in molte fondazioni carismatiche e profetiche: si inizia con un compito concreto e puntuale, e poi si capisce che ciò che era oggetto della chiamata era molto diverso.

l mondo degli ordini religiosi non è sovrapponibile al mondo delle imprese. Eppure, soprattutto nei momenti di difficoltà, esistono delle analogie...

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio il 29 luglio 2020

«Noi suore della generazione di mezzo saremmo felici di dedicare il resto della nostra vita a occuparci delle suore anziane, in modo da liberare le suore giovani dal grande peso che comporta la cura di una congregazione così anziana». Queste parole me le ha dette la Madre Generale di una congregazione, qualche giorno fa. Una generosità che mi ha commosso, e poi mi ha stimolato una riflessione di carattere più generale sul presente e sul futuro degli ordini religiosi della Chiesa.

Se non si impara a casa, e nei primi anni di vita, il valore della gratuità, da adulti saremo mossi solo dal denaro e non saremo buoni lavoratori. Lasciamo gli incentivi e le paghe ai grandi, e proteggiamo i nostri piccoli dall’impero del denaro.

di Luigino Bruni

pubblicato il 04/02/2024 su Il Messaggero di Sant'Antonio

La paghetta dei ragazzi e delle ragazze è un tema controverso, e sotto vari aspetti. Spesso è un’espressione che accomuna fenomeni molto diversi tra di loro. In senso stretto, la paghetta è una somma di denaro – settimanale o mensile – che i genitori consegnano a un figlio/a che non ha un reddito proprio, perché lo usi per le sue spese ordinarie. In genere, la paghetta si riferisce a ragazzi/e adolescenti o pre-adolescenti, non a bambini e non a studenti universitari. Una seconda confusione riguarda poi l’accomunare la paghetta e l’incentivo monetario nei vari «lavoretti» dei figli. Perché dare un tot di euro alla settimana come paghetta è diverso dalla creazione di una sorta di mercato familiare dove i vari servizi domestici sono associati a un prezzo: 3 euro per sparecchiare, 4 per lavare i piatti, ecc... I due strumenti – paghetta e incentivo – possono coesistere in famiglia, ma l’uno può sussistere anche senza l’altra, e viceversa.

Oggi dovremmo prendere la parte ancora viva del cristianesimo e inculturarlo nel nostro tempo post-cristiano, che non capisce più i linguaggi della fede, ma che li capirebbe con una adeguata operazione culturale e narrativa.

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio il 03/03/2023

La cristianità, cioè la civiltà cristiana, non è nata solo dal Vangelo. È stata il risultato di una ibridazione tra vangeli, Bibbia, cultura greco-romana, civiltà italiche ed europee, e poi longobarda, nordica, slava, bizantina, araba. L’Europa cristiana è il frutto di questo meticciato, molto più ricco e variegato delle sole teologia o fede cristiana. La pietà popolare è un intreccio di molti fedi e tradizioni, le processioni hanno progressivamente preso il posto delle processioni pagane dedicate agli dèi dei campi e della natura. La grande maggioranza di italiani ed europei pre-moderni non aveva alcuna idea di che cosa fosse la Trinità, della differenza tra Gesù e Dio Padre, di quella tra Gesù, la Madonna e i santi: erano tutte divinità da cui, credeva, dipendesse la vita. Nelle loro feste gli antichi europei e italiani continuavano a cantare le solite canzoni dietro baldacchini che avevano solo cambiato la statua trasportata, e a volte neanche questa.

Come insegnare l'uso corretto del denaro ai figli? Ecco quattro regole che potrebbero risultare utili in famiglia...

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio il 04/12/2022

L’uso del denaro all’interno delle relazioni primarie è sempre molto delicato, soprattutto in famiglia, dove nel gioco monetario entrano i bambini, i ragazzi e gli adolescenti. Potrebbe essere utile seguire quattro regole, suffragate dalle ricerche della scienza economica e dalla pratica.

Una delle grandi novità introdotte nel Novecento dal capitalismo di matrice Usa è stata la sovranità del consumatore. Oggi però il consumo sta cambiando natura, perché è cambiato il mercato.

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio il 01/10/2023

C’è un aspetto della nostra società capitalistica che non è ancora sufficientemente discusso dagli economisti e dai filosofi. Mi riferisco all’assolutizzazione della categoria di consumatore. Una delle grandi novità introdotte nel Novecento dal capitalismo di matrice Usa è stata la sovranità del consumatore.All’inizio, soprattutto nel primo dopoguerra, l’arrivo di questo nuovo protagonista della vita civile fu accolto come una buona novità, e in parte lo era. Il consumo nei mercati, il consumare, fu visto come una forma della libertà dei moderni, che creava nuove opportunità e nuove uguaglianze: anche se sono un operaio, se non ho studiato, anche se non sono di buona famiglia, anche se non faccio parte dell’élite, quando entro in un negozio con il denaro posso acquistare la stessa automobile dei signori. Nel momento dell’acquisto mi sento uguale ai capi e ai ricchi, non mi sento secondo a nessuno. Questa prima stagione del consumo di massa è stato un passaggio importante della democrazia, prima in Occidente e poi in tutto il mondo (oggi questi fenomeni sono importanti soprattutto in Africa e in Asia). Il denaro non odora neanche di classe sociale: non saprò parlare in modo elegante e forbito, sono figlio di contadini, ma quando vengo nel tuo negozio mi devi trattare con la stessa dignità con cui tratti i signori.

Un sistema sociale che premia chi è già capace non fa altro che lasciare sempre più indietro i meno capaci, che in genere non sono tali per demerito, ma per le condizioni di vita.

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio il 04/06/2023

Le dimissioni del senatore Carlo Cottarelli perché, tra l’altro, non vedeva il suo partito abbastanza deciso nel sostenere la meritocrazia, ha posto di nuovo l’attenzione sul significato e sull’ideologia del merito nel nostro tempo. Merito è sempre stata una parola ambigua, perché profondamente legata al fascino che il merito esercita su tutti noi. Tutti vorremmo meritarci i nostri successi (meno meritarci gli insuccessi), nessuno ama pensare che la bella carriera che ha fatto sia frutto soltanto della fortuna e di raccomandazioni.

Se vogliamo avere un rapporto giusto con il lavoro dobbiamo ricordarci che prima sono l’uomo e la donna a nobilitare il lavoro con la loro presenza, con le loro mani e con la loro intelligenza.

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio il 06/07/2023

Le crisi ambientali, finanziarie e militari di questo inizio di millennio, talmente gravi da non poter essere ignorate, rischiano però di farci sottovalutare o dimenticare una triplice crisi di cui si parla troppo poco: la crisi della fede, delle grandi narrative e del generare. Un mondo che non attende più il paradiso, che ha dimenticato le narrative collettive e che non mette al mondo figli, non trova più un sufficiente senso per vivere e quindi per lavorare. Le cosiddette «grandi dimissioni» di milioni di lavoratori, giovani e di mezza età, che lasciano il lavoro senza averne un altro, hanno certamente molte ragioni, ma una sta diventando quella dominante. È la mancata risposta a una domanda cruciale: «Perché dovrei lavorare, se non spero più in una terra promessa (sopra o sotto il cielo), se non ho nessuno che dal mio lavoro spera in un presente e un futuro migliori?».

La prima regola di ogni economia è l’equilibrio tra entrate e uscite. Una buona economia parte dalle entrate e su queste regola le uscite. Peccato che nel nostro Paese ultimamente non vada proprio così...

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio il 07/09/2023

Un giorno, cercando pigramente qualcosa di interessante tra i canali tv, mi sono imbattuto in un programma sui grandi hotel italiani. Un gruppo di persone si faceva ospitare in questi hotel di lusso, per fare poi una valutazione dei vari servizi offerti. Ciò che mi ha colpito è la totale assenza in questa trasmissione della dimensione del cosiddetto «vincolo di bilancio»: questi signori-valutatori ordinavano cene, servizi vari, senza mai preoccuparsi del loro prezzo, come se vivessero in un mondo nel quale il costo di un servizio e di una merce non fosse un elemento importante per la scelta. Le famiglie normali guardano questi programmi, poi si imbattono nella pubblicità di prestiti facili, che ha (purtroppo) per protagonista un simpatico volto delle nostre fiction, e così non è difficile mettere insieme i pezzi. Pensare cioè che quella vita fatta di vacanze in hotel stellari in un mondo senza vincoli di bilancio familiare diventa possibile e facile grazie a prestiti facilissimi di persone e istituti finanziari simpatici che sono lì solo per la nostra felicità.

Se la scuola inizia a distinguere gli studenti in leader e follower, mina uno dei pilastri dell’educazione: la riduzione in classe delle diseguaglianze naturali e sociali per creare quella comune cittadinanza essenziale a ogni patto sociale.

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio il 04/05/2024

Leadership è diventata parola sacra della nuova religione del capitalismo. La si invoca ovunque. Anche gli ambienti ecclesiali – dove si incontrano corsi sulla leadership di Gesù, di san Benedetto e persino di san Francesco – ne sono ammaliati.Nonostante il fondatore del Cristianesimo abbia detto: «Non vi fate chiamare guide (cioè leader), perché una sola è la vostra guida» (Mt 23,10), e poi costruito tutto l’umanesimo cristiano attorno al concetto di sequela, che è l’esatto opposto della leadership. E invece, pur moltiplicandosi gli aggettivi (inclusiva, gentile, comunitaria …), il sostantivo, leadership, non viene mai messo in discussione. 

L’imprenditore, onesto e civile, oggi soffre perché viene scambiato con lo speculatore, perché troppi imprenditori si sono trasformati, a volte senza volerlo, in speculatori, divorati dalla sindrome della rendita. È ora di iniziare a vederlo, e a dirlo.

di Luigino Bruni

pubblicato il 04/01/2024 su Il Messaggero di Sant'Antonio

Da sempre l’economia è il risultato di una tensione, o di un conflitto, tra profitti e rendite, cioè tra chi per guadagnare deve produrre nuovo reddito nel tempo presente, e chi guadagna oggi per ricchezze accumulate ieri e dalla passate generazioni.Gli imprenditori vivono di profitti, gli speculatori di rendite. La critica radicale nei confronti dell’usura che troviamo nella Bibbia e nel Vangelo (di Luca) ha la sua radice in una profonda avversione verso la rendita. L’usura, in un mondo sostanzialmente statico come era quello antico, è infatti una forma di rendita, cioè un reddito che nasce dal solo fatto di detenere il potere su un mezzo fondamentale (la moneta). Non c’è lavoro dietro alle usure, solo la forza e i privilegi. La critica all’usura ha attraversato tutto il Medioevo e la Controriforma, perché si riallacciava alla critica della Chiesa nei confronti delle rendite, sebbene gli stessi ecclesiastici fossero parte della classe redditiera; una delle tante contraddizioni della storia, e anche delle ragioni della poca efficacia della lotta della Chiesa nei confronti dell’usura, una lotta che conviveva con privilegi, anche politici, accordati ai banchieri-usurai dei Papi.

All’origine della civiltà biblica c’è l’istituzione solidale della spigolatura. Il libro di Rut è tutto costruito su di essa: quando i mietitori passavano a tagliare le messi non ripassavano una seconda volta, perché la seconda battuta era per i poveri...

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di S. Antonio il 07/05/2023

«Signore come funziona questa macchinetta per il parcheggio?»mi chiede una signora anziana che stava cercando, come me, di pagare la sosta nelle righe blu. In quella città l’azienda che gestisce i parcheggi comunali - cioè suolo pubblico, quindi di tutti -, ha avuto la buona idea, ormai diffusa, di richiedere al cittadino di inserire nella macchinetta il numero della targa. «Non me la ricordo», mi dice la signora. Mi indica dove si trova la sua auto, distante per lei che aveva difficoltà a camminare. Vado, faccio una foto alla targa, e l’aiuto a pagare il ticket.

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