Pensiamo, ogni tanto, alla felicità, ma soprattutto pensiamo alla verità, alla bontà e alla giustizia della vita, nostra e di quella degli altri.
di Luigino Bruni
pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio il 06/09/2024
La felicità è troppo poco. Sembra una frase, questa, totalmente stonata in un tempo come il nostro, che ha fatto della felicità l’ideale più grande, a volte unico, della vita. Cercare la propria felicità, o la propria realizzazione, è diventato un imperativo etico, e chi prova, come faccio anche io da anni, a metterlo in discussione, appare bizzarro o magari depresso.«Cerca di essere finalmente felice…» è diventata così una delle frasi più sentite e che sembrano pure convincenti. Ma, in realtà, le cose sono più complicate. Innanzitutto, non è vero che la felicità è una realtà nuova. I greci, pensiamo ad Aristotele, l’avevano messa al centro del loro umanesimo, perché per quei filosofi antichi non c’era nulla di più degno e nobile della felicità (eudaimonia), definito il fine ultimo, il bene perfetto oltre il quale non vi era nulla che valesse.