Le virtù del mercato, MSA

Tornare (o andare) oggi all’economia di Francesco significa prendere sul serio l’«agape», l'amore disinteressato. La sua fraternità non è quella del sangue, ma l’incontro di due o più «agape». 

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio il 28/10/2020

L’amore è uno, ma gli amori sono molti. Lo sappiamo tutti, almeno sul piano dell’esperienza. Amiamo molte persone e molte cose, siamo amati da molti, ma in modi diversi. Amiamo i genitori, i figli, le fidanzate e le mogli, fratelli e sorelle, maestre, nonni e cugini, poeti e artisti. E amiamo, molto, gli amici e le amiche. Moltissimo i fratelli, forse ancora di più le sorelle. L’amore umano poi non si limita agli esseri umani. Raggiunge gli animali, tocca la natura intera, sfiora Dio. Il mondo greco, per dire amore aveva due parole principali, erose philia, che non esaurivano le sue molte forme, ma che offrivano un registro semantico più ricco del nostro per declinare questa parola fondamentale della vita. Quel lessico era capace di distinguere il «ti voglio bene» detto alla donna amata dal «ti voglio bene» detto a un amico, e allo stesso tempo riconoscere che il secondo non era né inferiore né meno vero del primo. 

Per individuare i testimoni della fede, dovremmo guardare non alle virtù eroiche, ma alle «beatitudini eroiche» che esprimono valori molto, troppo diversi.

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio il 03/12/2023

Quale sia l’etica economica specifica del cristianesimo è questione annosa, poiché è dentro gli stessi vangeli che troviamo il primo pluralismo. Non è mai stato facile, infatti, mettere insieme il «guai ai ricchi» di Luca con la presenza di persone ricche nella comunità di Gesù (Levi, Giuseppe d’Arimatea…), o trovare una coerenza tra la «parabola dei talenti» e quella dell’«operaio dell’ultima ora» del vangelo di Matteo. Ciò che comunque è certo è la differenza, importante, tra l’etica del Vangelo, che è essenzialmente un’etica dell’agape, e l’etica delle virtù di origine greca e romana. Anche se nel corso del Medioevo l’etica cristiana ha incorporato l’etica delle virtù (o viceversa), fondando sulle virtù cardinali l’impianto civile e religioso della cristianità, è pur vero che l’umanesimo alla base del mondo greco e romano non è né quello biblico né quello evangelico, sebbene ci siano punti di contatto. L’antica etica delle virtù si basava sull’idea di eccellenza (areté) in un determinato ambito della vita (politica, sport…), un’eccellenza che può raggiungere chi pratica con impegno le virtù e che genera come suo premio massimo la felicità (eudaimonia), scopo ultimo della vita, come insegnava Aristotele.

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