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L’altruismo fragile e la nascita delle istituzioni di garanzia

I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore.

di Vittorio Pelligra

Pubblicato su Il Sole 24 ore il 14/08/2022

Quando un gruppo riesce a cooperare si ottengono, generalmente, risultati che singolarmente i suoi membri non sarebbero riusciti a raggiungere. Questi risultati hanno la natura di un bene pubblico, perché, allo stesso tempo tutti ne vorrebbero di più, ma, potendo, eviterebbero volentieri il costo legato alla loro produzione. Ecco perché la cooperazione è sempre minacciata dal fenomeno del free-riding, dal comportamento opportunistico. C’è sempre qualcuno che ragiona così: “Voi fate la vostra parte che io mi godo i benefici”.

Questa stessa logica che spiega, tra le altre cose, perché la maggior parte dei beni pubblici vengano prodotti dal settore pubblico e non dal mercato o dalle comunità, cambia radicalmente quando nei gruppi esiste la possibilità di una qualche forma di punizione decentralizzata. Se all’interno di un gruppo, cioè, nasce la possibilità che i cooperatori sanzionino anche a loro spese gli opportunisti, allora i primi lo faranno e i secondi inizieranno a cooperare.

La «punizione altruistica»

La possibilità di una sanzione tra i pari attiva – così ci dicono centinaia di esperimenti e di studi sul campo – quella che è stata definita la “punizione altruistica”. I membri del gruppo sono disposti anche in maniera costosa a punire chi viola la norma della cooperazione anche se questo non determinerà nessun beneficio diretto per loro, ma solo per il gruppo nel suo insieme. La prima dimostrazione rigorosa del funzionamento della “punizione altruistica” è stata ottenuta dal sociologo giapponese Toshio Yamagishi in uno studio del 1986, che ha mostrato come i partecipanti ad un esperimento di laboratorio erano disposti a contribuire volontariamente a un meccanismo di punizione che sanzionava nel loro gruppo colui che aveva cooperato di meno.

Il premio Nobel Elinor Ostrom assieme ai suoi collaboratori, pochi anni dopo, individua un meccanismo simile in situazioni nelle quali una risorsa comune veniva sfruttata eccessivamente. Anche in questo caso gli opportunisti rischiavano di essere puniti dagli altri membri del gruppo. Ma il fenomeno è stato definitivamente popolarizzato da Ernst Fehr e Simon Gächter in una serie di esperimenti condotti all’inizio degli anni 2000. Da questo momento in poi il meccanismo della punizione altruistica diventa il fulcro di una fiorente letteratura e di svariate proposte di implementazione istituzionale – ne abbiamo scritto diffusamente nelle settimane scorse.

Perché in Gran Bretagna tutti rispettano la fila?

Sono molti a credere che l’esistenza di un meccanismo di punizione decentralizzata tra pari possa essere la chiave per favorire la cooperazione all’interno dei gruppi sociali. Del resto, perché in Gran Bretagna tutti rispettano la fila? Perché i trasgressori vengono puniti socialmente non dai vigili o da un’autorità preposta, ma dai loro stessi pari. E se questo vale per la norma relativa al rispetto della fila, perché non dovrebbe essere valido per l’evasione fiscale, il comportamento stradale, la continenza del linguaggio, o i dibattiti pubblici? Giusto per fare qualche esempio.

Una ragione importante esiste ed è legata al fatto che, di solito, la punizione altruistica non passa inosservata. Chi viene punito se ne accorge e, generalmente, non la prende bene. Nella maggior parte degli esperimenti che hanno preso in considerazione il ruolo della punizione altruistica nel sostenere la cooperazione, ciascun membro del gruppo poteva osservare il comportamento degli altri e poi decidere se punire oppure no gli opportunisti e questi non potevano far altro che subire.

La reazione di contro-punizione

Manca in questo setting un elemento importante di solito presente, invece, in analoghe situazioni che si presentano nella vita reale: quando tu punisci un opportunista spesso questo reagisce con una qualche forma di contro-punizione. Quando vedi qualcuno che butta la spazzatura dove non dovrebbe e gli esprimi tutto il tuo biasimo, raramente questi se ne va via con la sua spazzatura e la coda tra le gambe. Di solito reagisce in maniera più o meno veemente alla tua sanzione sociale. Mi torna in mente un episodio che, qualche anno fa, ha visto protagonista l’amministratore di un importante ente pubblico di Lecco che, multato dai vigili per aver parcheggiato la sua Jaguar in uno stallo destinato ai disabili, squarciò le gomme dell’auto del disabile che li aveva chiamati.

Ecco, qualcuno ha provato ad analizzare in laboratorio situazioni di questo genere, dove ad una punizione può seguire una contro-punizione. L’economista greco Nikos Nikiforakis, in particolare, ha progettato un esperimento nel quale dopo aver deciso quanto investire in un bene pubblico – una misura standard dell’attitudine individuale alla cooperazione – ogni giocatore può decidere se e quanto punire chi ha contribuito non a sufficienza, ma poi questi possono, a loro volta, decidere se contro-punire chi li ha puniti. I risultati mostrano in modo inequivocabile che, come ci saremmo aspettati, quando non c’è la possibilità della sanzione decentralizzata, piano piano, l’iniziale disponibilità alla cooperazione sparisce. Ma quando si introduce la possibilità della sanzione, al contrario, la cooperazione raggiunge livelli ottimali.

Infine, e questo è il contributo originale dello studio, quando alla punizione può seguire una contro-punizione, allora la cooperazione si deteriora nuovamente, fino a scomparire del tutto (“Punishment and counter-punishment in public good games: Can we really govern ourselves?”. Journal of Public Economics 92, pp. 91-112, 2008). Questo perché la punizione diventa un bene pubblico del secondo ordine. Chi è disposto a punire per produrre un beneficio per tutti quando la stessa punizione può portare ad una contro-punizione e quindi ad un costo privato? Il ciclo di punizione e contro-punizioni può diventare così vizioso da dar vita a vere e proprie faide… in laboratorio. Ma di questo parleremo in una delle prossime settimane.

La contro-punizione, dunque, sempre presente nelle situazioni concrete, funge da deterrente al potere deterrente della punizione. È probabilmente per questa ragione che gran parte delle civiltà moderne, nella loro evoluzione, hanno scelto di investire nella creazione di istituzioni di controllo centralizzate, magari meno efficienti di quelle decentralizzate, ma certamente più legittimate al ruolo di garanti della cooperazione sociale.

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