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Perché la coda del pavone e le guance che arrossiscono sono un antidoto alla selezione avversa

I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore

di Vittorio Pelligra

pubblicato su Il Sole 24 ore del 07/11/2021

La selezione avversa è la tipica forma di inefficienza che si verifica in un mercato o in una organizzazione quando l'informazione è distribuita in maniera asimmetrica tra le parti. Questa inefficienza rappresenta un costo per tutti i soggetti coinvolti, sia per chi non ha accesso alle informazioni, sia per chi, invece, ha le informazioni ma non ha modo di trasmetterle in modo credibile. Il proverbiale oste, infatti, avrebbe tutto l'interesse di farvi sapere quanto è buono il suo vino perché così magari potrebbe farvelo pagare un po' di più, vista la qualità, ma non può. Le sue parole sono “cheap talk”, sono prive di valore probante, non sono informative.

Come l'oste, così il venditore di auto usate che cerca di convincervi che l'auto che avete adocchiato è un vero affare o il pescivendolo che al mercato vanta la freschezza del suo prodotto. Sia i potenziali compratori che i venditori avrebbero tutto da guadagnare dalla possibilità della trasmissione “onesta” delle informazioni relative alle caratteristiche e alla qualità dei beni in oggetto.

Le scelte cieche e le informazioni rilevanti

Questo problema di natura economica è solo un esempio particolare di un fenomeno molto più generale che troviamo tanto in natura quanto nelle organizzazioni sociali dove molto spesso dobbiamo operare scelte “cieche” perché non abbiamo accesso alle informazioni rilevanti. Immaginate un ghepardo che ha appena avvistato un branco di gazzelle che brucano tranquille nella savana africana. Le gazzelle sono decine ma il ghepardo, se vuole avere buone probabilità di successo, dovrà concentrarsi solamente su una. Quale scegliere? Le gazzelle sembrano tutte uguali, ma alcune sono più giovani e in forma mentre altre più vecchie e acciaccate. Informazioni non facilmente verificabili da parte del ghepardo. Però le prime sarebbero una preda complicata da cacciare e le probabilità di successo potrebbero essere anche molto basse, mentre le seconde rappresentano un pasto sicuro. Avere queste informazioni sarebbe un grande vantaggio per il ghepardo. Sarebbe un vantaggio, e qui la cosa si fa meno intuitiva, anche per le gazzelle, quelle giovani, che hanno tutto l'interesse a far sapere al predatore che scegliere loro sarebbe una pessima scelta.

Darwin e gli ornamenti

Passiamo, apparentemente, ad altro. Uno degli enigmi naturali che affascinò Charles Darwin per lungo tempo è quello degli “ornamenti”: la coda del pavone, le corna dell'alce, i colori sgargianti di certe rane, e molte altre caratteristiche morfologiche che non presentano nessuna utilità diretta in termini evolutivi, anzi, essendo, per loro natura dei tratti “costosi”, rappresentano, spesso, un ostacolo alla sopravvivenza. Ma perché si sono evoluti, allora, si chiedeva Darwin? Non arrivò mai a una risposta compiuta, ma ebbe comunque un'intuizione geniale.

La pressione evolutiva non si manifesta solo attraverso la selezione naturale ma anche per mezzo della selezione sessuale. Le femmine di moltissime specie scelgono il maschio e sono interessate a scegliere il più forte e promettente da un punto di vista genetico, capace, cioè di generare una prole sana e robusta e di proteggerla durante le prime fasi della crescita. I maschi per questo competono tra di loro. Le qualità del potenziale partner non sono direttamente osservabili, sono un'informazione privata. Poter rendere pubblica questa informazione andrebbe a vantaggio sia della femmina che del maschio robusto e promettente, che verrebbe, con tutta probabilità, scelto. Darwin, naturalmente, non sapeva niente di geni e genetica, ma aveva notato una frequente differenziazione nei tratti mostrati dalle femmine e quelli portati dai maschi. Ed ebbe un'idea.

Quei tratti maschili, quegli ornamenti così strani e costosi, se da una parte riducono le probabilità di sopravvivenza, dall'altra fanno aumentare la probabilità di essere scelti come partner riproduttivo perché rappresentano dei segnali onesti di quelle qualità che le femmine cercano ma che sono invisibili. Solo un pavone in buona salute può permettersi una coda splendente, lucida e brillante. Solo un alce in grande forma può portarsi appresso dei palchi enormemente pesanti e ingombranti. E' il “principio dell'handicap”, come lo chiameranno, qualche secolo dopo Darwin, i biologi evolutivi Amotz e Avishag Zahavi. In questo modo riusciamo a spiegare due enigmi in una volta: perché gli ornamenti sono universalmente diffusi anche se non forniscono nessun vantaggio in termini di sopravvivenza e perché si sono sviluppate le differenze morfologiche presenti tra i sessi di moltissime specie animali.

Ma torniamo alla gazzella e al ghepardo. Cosa si è inventata la natura per consentire alla gazzella giovane e in salute di comunicare queste sue qualità non osservabili al ghepardo acquattato dietro i cespugli e pronto allo scatto? Lo “stotting”. Le gazzelle hanno “imparato” che davanti a un predatore la prima cosa da fare non è scappare, ma saltare, fare, appunto “stotting”. Questi alti balzi in verticale, se da una parte mettono a rischio la gazzella perché si fa notare e si rende più vulnerabile all'attacco, dall'altra, però, segnalano in maniera veritiera lo stato di ottima salute di cui gode quel singolo individuo, scoraggiando in questo modo il ghepardo a eleggerlo a vittima destinata.

Il veicolo onesto delle informazioni preziose

Certi comportamenti, dunque, così come certi ornamenti o tratti fisici possono rappresentare dei segnali capaci di veicolare in maniera onesta informazioni preziose che altrimenti rimarrebbero tanto private quanto inutili. Ma cosa rende questi segnali veritieri? Perché facciamo bene a non credere all'oste che ci dice che il suo vino è ottimo, mentre il ghepardo saggiamente sceglie un'altra preda e non la gazzella che salta più in alto? Perché possiamo davvero essere certi del coraggio dei giovani di Vanuatu che si cimentano nel “land diving”, mentre è lecito dubitare di quello del nostro amico un po' sbruffone che l'anno scorso ha ucciso un leopardo durante un safari a pagamento?

I segnali onesti, quelli veramente capaci di veicolare informazioni utili e di separare, per esempio, sulla base del coraggio, delle qualità parentali o di qualsiasi altra caratteristica non immediatamente osservabile, devono essere necessariamente segnali “costosi”. E' il loro costo a renderli credibili. E questo costo, in particolare, deve essere differenziale, cioè deve essere maggiore per un certo tipo di soggetti e minore per altri. Saltare in alto vicino a un predatore come fanno le gazzelle è costoso perché è pericoloso, ma è più costoso per le gazzelle anziane e ormai indebolite. Lanciarsi da trenta metri con una liana legata alle caviglie è un segnale di coraggio costosissimo per tutti i giovani di Vanuatu, ma addirittura improponibile per chi soffre di vertigini. Offrire una garanzia di dieci anni sugli elettrodomestici è costoso per tutti, ma in particolar modo per i produttori di elettrodomestici di bassa qualità.

I segnali non costosi sono facilmente imitabili e quindi non informativi. Sono segnali che confondono invece di chiarificare, che mischiano invece che separare. Mentre i segnali costosi distinguono, separano, identificano e, quindi, possono aiutare a portare alla luce informazioni non direttamente osservabili e, in questo modo, ci aiutano ad aumentare l'efficienza dei mercati, l'efficacia delle organizzazioni e, a volte, perfino la qualità delle nostre relazioni. 

La teoria della segnalazione

Quella della segnalazione è una teoria molto interessante perché si applica, come abbiamo visto, a moltissimi ambiti differenti. Nel suo “Passion within Reason” l'economista di Cornell, Robert Frank, utilizza questa teoria per spiegare l'esistenza di emozioni sociali. Perché arrossiamo, ci sentiamo in colpa o proviamo vergogna? Sono tutte reazioni spiacevoli, per chi le prova, e difficilmente imitabili per chi non le prova sinceramente. Quando arrossisco dopo aver fatto una “gaffe” o essere stato colto in fallo, sto mostrando, in maniera costosa, che ho una coscienza, che mi importa ciò che gli altri pensano di me. Tutti tratti che distinguono le persone affidabili dai freddi opportunisti. Poter segnalare in maniera credibile il possesso di questi elementi altrimenti non osservabili, sostiene Frank, ci rende desiderabili come partner d'affari, amici, soci.

L'economista e sociologo Thorstein Veblen nel suo libro “La teoria della classe agiata” utilizza l'idea di segnalazione in modo diverso, per spiegare i modelli di consumo emergenti, quello che oggi chiameremo “consumismo”. Veblen conia il termine “consumo vistoso” (conspicuous consumption) per indicare quelle scelte di acquisto che assolvono, tra le altre cose, anche al compito di segnalare lo status sociale e la ricchezza del consumatore. Perché, per esempio, scegliamo di guidare in città un suv invece che una berlina media o un'utilitaria? Il suv costa, consuma ed è difficile da parcheggiare. L'utilitaria assolve alle stesse funzioni del suv ma costa meno, consuma meno ed è più facile da parcheggiare. Ricordo una pubblicità di qualche anno fa nella quale una coppia va a comprare una macchina, chiede il prezzo e siccome questo è troppo basso, se ne va sdegnata alla ricerca di qualcos'altro. Ogni modello di auto, di lusso o “proletarie”, ci consente di muoverci da un posto all'altro. Questo è ciò che Veblen definisce “funzionalità”.

Lo scopo onorifico dei beni

Ma i beni, soprattutto quelli osservabili, assolvono anche un altro scopo, quello che sempre Veblen, definisce “onorifico”. Guidare un'auto di lusso mostra che il consumatore può permettersi di guidare un'automobile che gli altri possono ammirare; un'ammirazione che non deriva dalla capacità dell'auto di fare il lavoro dell'auto – trasportare persone - ma dal segnalare credibilmente lo status e la ricchezza di colui che la possiede. Il bene diventa, quindi, una manifestazione esteriore del proprio status nella società.

Uno dei paradossi più interessanti della società contemporanea è stato identificato qualche decennio fa da Richard Easterlin: mentre nei paesi poveri, incrementi nel Pil pro-capite, producono significativi aumenti della soddisfazione soggettiva nei confronti della vita, nei paesi avanzati gli stessi incrementi lasciano la soddisfazione costante o addirittura, in alcuni casi, la vedono diminuire. Una delle ragioni sta proprio nel consumo vistoso. Per segnalare il nostro status sociale usiamo beni vistosi, tanto costosi quanto inutili. Questi beni innescano una competizione posizionale in virtù della quale, appena il mio stesso bene - auto, orologio, telefonino, ecc. - viene posseduto anche da qualcun altro con il quale io interagisco, perde gran parte della sua capacità di produrre utilità. Avrò dunque speso troppo per un bene che produce poco. Questo disallineamento tra utilità prevista e utilità realizzata ci porta a spendere troppo e male nell'acquisto di beni incapaci di produrre un flusso di utilità persistente. E ci troviamo intrappolati in un paradosso: cerchiamo di guadagnare di più per acquistare beni che danno sempre meno soddisfazione tanto più si diffondono. Ecco perché al crescere del reddito non aumenta la soddisfazione nei confronti della nostra vita.

Uno schermo alla selezione avversa

Quello della segnalazione onesta è un meccanismo potente; risolve moltissimi problemi informativi, genera efficienza nei mercati, nelle organizzazioni e relazioni trasparenti, ci protegge dai rischi della selezione avversa. Così come un giornale che diffonde notizie affidabili può anche essere usato per fare dannosa propaganda, allo stesso modo anche il meccanismo della segnalazione può essere utilizzato per compiere scelte più razionali o per indulgere in comportamenti autodistruttivi. Potrebbe essere una chiave di lettura interessante da proporre alla discussione pubblica in questi giorni di Cop 26.

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