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Perché la rivoluzione dell’informazione cambia il modo di guardare l’economia

I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore

di Vittorio Pelligra

pubblicato su Il Sole 24 ore del 12/09/2021

Esattamente vent'anni fa, nell'ottobre del 2001, tre economisti americani, Joseph Stiglitz, George Akerlof e Michael Spence, si vedevano assegnare il premio in memoria di Alfred Nobel come riconoscimento dei loro studi sui “mercati con informazione asimmetrica”. Negli anni '70 i tre avevano iniziato ad affrontare problemi differenti, ma tutti legati da un unico filo rosso: i fallimenti di mercato.

Stiglitz era interessato a tutti quei casi in cui i mercati del credito mostravano comportamenti anomali e producevano esiti inefficienti. Chi voleva prestare denaro e chi lo voleva prendere in prestito, domanda ed offerta, non riuscivano ad incontrarsi. Akerlof, invece, si era concentrato su quei mercati nei quali vengono scambiati beni le cui caratteristiche e la cui qualità di fondo è nota ai venditori ma solo in maniera imperfetta ai compratori: i generi alimentari, per esempio, o le auto usate. Michael Spence, contemporaneamente, aveva iniziato ad interessarsi al mercato del lavoro, anche questo un mercato nel quale chi assume un lavoratore ha informazioni del tutto parziali, circa le sue caratteristiche, le sue prospettive e il reale contributo che lo stesso lavoratore potrà dare all'organizzazione che sta decidendo di assumerlo. Come ovviare a questa mancanza di conoscenza? Come mandare informazioni credibili a chi ne ha davvero bisogno? Questi erano i temi sui quale si concentravano, allora, le ricerche dei tre.

Qual è la radice dell’inefficienza?

Col tempo divenne chiaro che la radice dei problemi di inefficienza che erano stati identificati in ambiti così apparentemente differenti era una e una sola: l'informazione o, meglio, la distribuzione asimmetrica dell'informazione. In tutti questi casi, infatti, nel mercato del credito, in quello dei beni con qualità nascosta e nel mercato del lavoro, le parti del contratto, chi vende e chi acquista, hanno generalmente livelli informativi differenti. La banca ha meno informazioni dell'imprenditore che chiede un prestito circa le sue capacità di trasformare in un successo il suo progetto e, quindi, di poter restituire il prestito; il compratore di auto usate o chi fa la spesa al mercato hanno meno informazioni dei venditori circa la qualità dell'auto in vendita o del pesce esposto sui banchi frigo. Infine, il potenziale datore di lavoro può sapere molto poco, prima di averlo assunto, delle caratteristiche del lavoratore che si è presentato al colloquio per la selezione di un nuovo collaboratore. In tutti questi casi, in cui l'informazione è distribuita asimmetricamente tra le parti, i mercati vanno in tilt e producono risultati inefficienti; falliscono, come si dice in gergo.

Studi rivoluzionari

Gli studi pionieristici di Stiglitz, Akerlof e Spence, danno avvio ad una vera e propria rivoluzione in economia. Dapprima accolti con sospetto e diffidenza, contribuiranno in seguito ad un ripensamento radicale delle virtù del mercato, della logica di funzionamento delle organizzazioni, dei meccanismi di selezione, degli incentivi, della progettazione dei contratti. Quando Akerlof scrisse, sul finire degli anni '60, il suo primo lavoro sui mercati con informazioni asimmetriche - “The Market for Lemons: Quality Uncertainty and the Market Mechanism” - era un giovane assistente all'Università di Berkeley e faticò non poco a trovare una rivista scientifica disposta a pubblicarglielo. Sia l'American Economic Review che la Review of Economic Studies rigettarono il saggio che venne giudicato “banale”. I revisori del Journal of Political Economy, rivista dell'Università di Chicago, lo rifiutarono perché il suo modello venne ritenuto sbagliato. Non poteva essere corretto, se lo fosse stato, infatti, scrivevano i revisori, tutta la teoria economica allora nota avrebbe dovuto essere ripensata. Ironicamente è ciò che è davvero successo in seguito. Alla fine, l'articolo venne pubblicato sul Quarterly Journal of Economics nel 1970. Oggi è uno degli studi più citati dell'intera produzione moderna e risulta essere il documento più scaricato di sempre dalla principale banca dati di studi economici.

A cosa serve l’informazione asimmetrica

La rivoluzione dell'informazione è andata ad influenzare negli anni praticamente tutte le branche della teoria economica e non solo. Ci sono applicazioni nelle scienze politiche, nella teoria del diritto, perfino in biologia e nella teoria dell'evoluzione. Il concetto di informazione asimmetrica ci aiuta a capire cose così diverse tra loro come la ragione per cui pagare poco un politico potrebbe andare contro l'interesse collettivo, perché una laurea è utile anche se i corsi sono noiosi e non si impara niente, perché i biglietti aerei per lo stesso viaggio hanno prezzi diversi a seconda del giorno in cui voliamo, perché le persone che sono attente alla loro alimentazione a casa, si nutrono deliberatamente di cibo spazzatura quando sono in vacanza, perché per certi mestieri è necessaria l'esistenza di un ordine professionale, perché le stampanti costano pochissimo e invece le cartucce di inchiostro uno sproposito, perché nella tariffa del taxi c'è sempre una parte fissa e una variabile, perché i feedback e le recensioni online sono stati il carburante senza il quale il commercio elettronico non si sarebbe mai potuto sviluppare, perché tassi di interesse alti possono, paradossalmente, essere controproducenti per le banche, e poi che senso ha comprare un'auto milionaria e per quale ragione i giovani maschi dell'antica popolazione dei Vanuatu del Sud Pacifico, rischiano la vita lanciandosi da una altissima torre di canne di bambù con la sola protezione di una corda legata alle caviglie. Perché, ancora, gli adolescenti, in generale, sono più spericolati degli adulti – anche un'occhiata al podio olimpico nella specialità dello skateboard sarebbe utile per capire questo punto, e perché la coda del pavone è così grande, bella e scomoda, perché gli agnellini saltano come le gazzelle di Thomson e perché Bill Gates, Steve Jobs e Mark Zuckerberg, così come i fondatori di Spotify, Dropbox e Tumblr non hanno finito l'università; e tutto questo solo per fare qualche esempio.

Guardare la realtà oltre la superficie

È una disciplina affascinante e controintuitiva, l'economia dell'informazione; forse così affascinante proprio perché controintuitiva; perché mette in discussione i luoghi comuni e le nostre convinzioni più radicate e ci spinge a guardare la realtà ben sotto la superficie. Ci aiuta a comprendere che non sempre avere più informazioni è un vantaggio e che, a volte, “legarsi le mani”, ridurre le opzioni a propria disposizione, “bruciarsi i ponti alle spalle” può essere la cosa più intelligente da fare.

Il messaggio di fondo che i contributi iniziali di Akerlof, Spence e Stiglitz, e quelli dei loro numerosi eponimi ci mandano, riguarda il fatto che, se iniziamo a prendere sul serio la presenza di asimmetrie informative, allora molti ambiti economici - credito, finanza, lavoro, assicurazioni, etc. – ci appariranno sotto una luce del tutto differente e riusciremo a comprendere le anomalie che vi si riscontrano. In questo modo, e forse questa è la cosa più interessante, saremo in grado di trarre implicazioni di politica economica che possono aiutarci a progettare forme di regolamentazione più efficaci.

Nelle prossime settimane, qui su “Mind the Economy”, andremo a fondo nell'analisi dei concetti base dell'economia dell'informazione, dei suoi principali modelli, delle conclusioni ed delle principali applicazioni, per cercare di dotarci di strumenti concettuali all'altezza della complessità del mondo in cui ciascuno di noi, oggi, vive.

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