
Benedetto Gui
Potete trovare qui alcuni miei articoli
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di Benedetto Gui
Pubblicato su Città Nuova il 25/10/2018
Avete presente quel condomino che vuol costruire sulla sua terrazza, contravvenendo le regole che i proprietari dei vari appartamenti si sono dati a protezione della sicurezza e dell’estetica del palazzo? Uno che poi, se non ottiene il via libera al suo progetto, è capace di offendere amministratore e vicini di casa, e magari anche di minacciare di non pagare le rate condominiali?
È relativamente facile convenire sull’inaccettabilità di un tale comportamento: se godi dei benefici della gestione comune del riscaldamento o della manutenzione dell’ascensore, è giusto che ti attieni al regolamento che è stato deciso dall’assemblea, tanto più se ciò è avvenuto anche con il tuo voto.
Ma è molto più difficile concordare su un’analoga condanna di comportamenti del tutto analoghi, ma che riguardano i rapporti tra gruppi. Un esempio di attualità?
Guardiamo all’atteggiamento che sta tenendo il nostro Paese nei confronti del “condominio” di cui è entrato volontariamente a far parte, la “zona euro” dell’Unione Europea, che ci ha dato e continua a darci molti vantaggi, ma che al tempo stesso ci preclude la possibilità di svalutare il cambio.
È stato stabilito che nessun Paese membro allarghi il suo indebitamento fino al punto di rischiare l’insolvenza, un evento che rovescerebbe abbondanti schizzi di tossine anche sugli altri Paesi ad esso legati da molteplici legami economici e finanziari?
Sì, e l’Italia ha esplicitamente accettato tutte le clausole dell’accordo, una per una. Eppure molti elettori ascoltano con orgoglio frasi del tipo: «Perché non dovremmo indebitarci oltre certi limiti? Chi sono questi personaggi – esterni al nostro sistema politico – che vorrebbero dire a noi quello che dobbiamo fare?».
E si beano degli insulti che spesso accompagnano simili affermazioni, che potremmo bonariamente definire un po’ superficiali.
Attenzione! Non si tratta di parole insignificanti che domani saranno già dimenticate, o di innocue intemperanze verbali di politici un po’ esuberanti.
Procedendo con simili logiche rischiamo di bruciarci tutte le possibilità di collaborare per il comune vantaggio con altre entità politiche, e questo in un mondo in cui ben poche sono le attività che si possono racchiudere all’interno dei ristretti confini nazionali. Basti pensare alla pesca, all’inquinamento dell’aria, al controllo igienico dei cibi, ai trasporti aerei, alla ricerca scientifica, e via così per pagine e pagine.
Vogliamo proprio autocondannarci all’isolamento o all’impotenza nei confronti dei grandi processi di cambiamento che avvengono attorno a noi? E allora, se ci ragioniamo un attimo su, quelle frasi baldanzose meritano ben pochi applausi.
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