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Usa: «Il riscaldamento globale danneggia le zone costiere»

#EoF: le storie - Sisi Meng, professore di Economia all’Università di Notre Dame (Indiana, USA) studia gli effetti, ancora poco conosciuti, che uragani e inalzamento dei livelli del mare hanno sulle popolazioni

di Maria Gaglione

pubblicato su Avvenire il 04/07/2020

Negli ultimi anni, la frequenza dei disastri ambientali causati dal cambiamento climatico è aumentata portando con sé gravi conseguenze in termini di perdite umane ed economiche, danni per la produzione alimentare, minacce per gli ecosistemi, diminuzione della ricchezza di biodiversità. Il riscaldamento globale – ormai è ben noto – ha effetti quali l’innalzamento del livello del mare, l’incremento delle ondate di caldo e dei periodi di intensa siccità, delle alluvioni, l’aumento – per numero e intensità – delle tempeste e degli uragani. Questi fenomeni hanno (e continueranno ad avere) un impatto su milioni di persone, con effetti ancora maggiori su chi vive nelle zone più vulnerabili e povere del mondo.

Sisi Meng è Visiting Assistant Professor di Economia presso la Keough School of Global Affair dell’Università di Notre Dame. «Ho conseguito un dottorato di ricerca in economia presso la Florida International University nel 2016 e un master in economia politica presso l’Università dell’Illinois nel 2011. La mia ricerca riguarda l’economia ambientale e delle risorse naturali, con particolare attenzione agli aspetti economici dell’adattamento ai cambiamenti climatici e alla mitigazione dei rischi naturali». I rischi climatici rappresentano una minaccia diffusa per i sistemi finanziari, sociali e politici.

Nel 2019, il World Economic Forum li ha inseriti all’interno di quattro dei cinque principali rischi globali. Dalla distruzione causata da eventi meteorologici estremi al degrado ambientale, le economie stanno già vivendo l’effetto acuto dei rischi legati al clima. «Il mio lavoro di ricerca vuole essere un contributo alla discussione sulle politiche ambientali e sociali più efficaci per tutelare il benessere delle popolazioni vulnerabili. I miei studi affrontano le questioni economiche, il comportamento umano e l’interazione con l’ambiente». Nonostante la maggiore attenzione istituzionale e l’accresciuta consapevolezza in termini di gestione del rischio, intere popolazioni e comunità restano particolarmente vulnerabili ai fenomeni naturali. È quindi essenziale per le istituzioni pubbliche e private, così come per i singoli attori del sistema, considerare seriamente la gestione del rischio climatico.

«Credo che ci siano molte opportunità oggi per concretizzare proposte significative e incisive sulle tematiche ambientali. Ma è necessario un approccio sistemico, interdisciplinare e globale: è necessario mettere insieme gli sforzi internazionali di cooperazione ambientale con le questioni di gestione ambientale locale. Credo che l’Economy of Francesco ci possa aiutare anche in questo senso».

Dall’energia, all’agricoltura, sviluppo, socioeconomia e geografia, Sisi Meng ha molti interessi. «Attualmente sto lavorando in diversi progetti, tra cui lo studio delle risposte delle famiglie alle misure di adattamento all’innalzamento del livello del mare, la resilienza di infrastrutture critiche in seguito ad uragani e l’impatto socioeconomico in zone costiere. Tutte le catastrofi naturali – ci spiega – hanno alcuni tratti comuni: minacciano la vita, distruggono beni e infrastrutture. Tuttavia, differiscono dal tipo di pericolo a cui espongono gli esseri umani e soprattutto richiedono diverse tipologie di intervento ed attività di mitigazione da parte dell’uomo. Durante il mio dottorato ho studiato, ad esempio, l’impatto dell’uragano Sandy del 2012 sulle famiglie delle zone colpite nel breve e lungo termine in Florida. Studi che partono da prove empiriche forniscono importanti input alla progettazione di piani di adattamento efficaci e politiche di mitigazione dei rischi indotti dai cambiamenti climatici. Sebbene alcuni settori dell’economia o della geografia abbiano affrontato questi problemi, ci sono ancora quadri teorici limitati e poche prove empiriche. È necessario uno studio puntuale e interdisciplinare per colmare queste lacune».

Una visione d’insieme chiara e consapevole permette alle istituzioni, ai decisori politici, ma anche alle imprese di tutto il mondo di fronteggiare i danni ambientali ma soprattutto di formulare e applicare politiche e strategie di intervento e prevenzione efficaci.

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